Il 22 maggio 1988, all’età di 74 anni scomparve il grande leader missino: Giorgio Almirante. Lasciando da parte la sua biografia che potrete comunque leggere sul sito a lui intitolato, vorrei soffermarmi sul significato politico della sua lunga attività. Parto da una citazione di un libro che ho finito di leggere proprio ieri – Almirante di Franco Servello, Rubbettino Editore – dove l’autore muove dalla convinzione della straordinaria attualità delle sue analisi dei problemi italiani e dal carattere innovativo delle sue proposte in campo istituzionale. Un’attualità, quella di Almirante, che deriva dalla sua capacità di guardare dentro l’anima italiana, e di arrivare in profondità. Ma veniamo alla citazione, così Servello spiega tale capacità: “ Aveva forse virtù profetiche? Era per caso un raffinato sociologo? No, non era né un Nostradamus né un Max Weber. Era solo un uomo capace di entrare in particolare sintonia con la sua gente e che conosceva il popolo italiano come pochi, dal momento che aveva passato gli ultimi quarant’anni della sua vita a visitare, provincia per provincia, comune per comune, il territorio del Belpaese. La sua era una conoscenza diretta degli italiani, fatta da una miriade di incontri, di volti, di voci, di storie che egli sapeva memorizzare e fare propri. Non aveva bisogno né di un Mannheimer né di un Piepoli per sapere che cosa si muoveva dentro le viscere del Paese.” Il leader della destra italiana apparteneva a quella categoria di uomini che si dimostravano capaci di visioni di “lunga durata” in virtù del fatto che riuscivano a stabilire una forte identificazione con la loro gente. La “lunga durata” che Almirante aveva dell’Italia si rivela oggi, tra le altre cose, nell’urgenza delle riforme istituzionali, le riforme a lungo promesse e mai realizzate. Il leader missino prevedeva il dissesto del Paese in caso di mancato cambiamento delle istituzioni. “o la Nuova Repubblica o il caos”, dichiarava Almirante in uno dei passaggi più forti del suo libro Processo alla Repubblica, uscito nel 1980. Ebbene, sarà anche suonata, ventotto anni fa, come la frase a effetto di un irriducibile oppositore al sistema. Ma guardate come si esprime oggi un attento osservatore dei fatti italiani come Gianpaolo Pansa per descrivere la situazione del Paese nel 2008: “ Non ci troviamo ancora dentro al caos ma siamo sulla strada buona per arrivarci. E poiché le situazioni di disordine nascono quasi sempre dalle disfunzioni della politica, se osservo quanto accade in Italia non mi sento per nulla rassicurato. Il sistema dei partiti è imballato e spappolato. E ogni giorno mette in mostra quell’ammasso di macerie che è diventato: un tritume di parrocchie politiche, ormai ingestibile da chiunque.” Il caos previsto da Almirante è forse arrivato? Se non è ancora arrivato poco ci manca.
“ Sta scoppiando tutto” ammoniva il leader missino. Oggi quella crisi è deflagrata. Ed è scoppiata nei cuori e nelle menti della nostra gente. E’ scoppiata nella forma di una percezione diffusa di declino. Bisogna risalire forse all’immediato dopoguerra per ritrovare tanto pessimismo nel popolo italiano. Tanta frustrazione è stata causate dalle tante promesse di libertà, efficienza e modernità non mantenute. Quelle riforme a lungo annunciate e mai arrivate. L’antipolitica che torna prepotentemente a farsi sentire viene da questa frustrazione: dalla delusione alla rabbia il passo è breve. Molte furono le “lunghe vedute” di Almirante anche in questo contesto. Il leader del MSI lanciò con forza la campagna contro la partitocrazia proprio quando , sul finire degli anni settanta, si sentono i primi scricchiolii dentro la società. Ma Almirante non cedette mai alla tentazione dell’antipolitica. Il MSI di allora si pose infatti come l’approdo e l’alternativa e non come la semplice cassa di risonanza di pulsioni antisistema. C’è l’idea della Nuova Repubblica unita alla preoccupazione di tenere lontane e disattivare le spinte eversive.. Emblematico al riguardo uno spezzone di un suo discorso: “ Non si tratta del processo di una classe dirigente di partito a una classe dirigente di potere, né del processo di una fazione ad un’altra fazione. Si tratta del processo morale e politico che il cittadino italiano in quanto tale muove a coloro che lo hanno reso estraneo alla cosa pubblica, che è il significato vero e antico di quel privatissimo ente che oggi si chiama Repubblica”. Oggi di questa stessa Repubblica si celebra il processo ovunque. Si celebra nelle piazze e nei blog di Beppe Grillo. Si celebra nei best-seller come La Casta di stella e Rizzo. Si celebra nei talk-show di Santoro e Floris. Ma la differenza è che la critica di Almirante fu una critica che aprì le porte alla speranza, laddove gli odierni fustigatori sembrano condurci verso la tetraggine e il pessimismo, vizi tipici di chi non riesce a guardare al di là della notte della Repubblica. Almirante, che aveva lanciato in splendida solitudine l’idea della Nuova Repubblica, non era uno “sfascista” e non puntava alla disgregazione del Paese anche quando il suo attacco al sistema era più duro e feroce. Anche per questo la democrazia italiana gli deve molto.
Voglio concludere utilizzando ancora le sue parole, che per un ragazzo di ventisei anni sono cariche di significato:
“ Sta scoppiando tutto” ammoniva il leader missino. Oggi quella crisi è deflagrata. Ed è scoppiata nei cuori e nelle menti della nostra gente. E’ scoppiata nella forma di una percezione diffusa di declino. Bisogna risalire forse all’immediato dopoguerra per ritrovare tanto pessimismo nel popolo italiano. Tanta frustrazione è stata causate dalle tante promesse di libertà, efficienza e modernità non mantenute. Quelle riforme a lungo annunciate e mai arrivate. L’antipolitica che torna prepotentemente a farsi sentire viene da questa frustrazione: dalla delusione alla rabbia il passo è breve. Molte furono le “lunghe vedute” di Almirante anche in questo contesto. Il leader del MSI lanciò con forza la campagna contro la partitocrazia proprio quando , sul finire degli anni settanta, si sentono i primi scricchiolii dentro la società. Ma Almirante non cedette mai alla tentazione dell’antipolitica. Il MSI di allora si pose infatti come l’approdo e l’alternativa e non come la semplice cassa di risonanza di pulsioni antisistema. C’è l’idea della Nuova Repubblica unita alla preoccupazione di tenere lontane e disattivare le spinte eversive.. Emblematico al riguardo uno spezzone di un suo discorso: “ Non si tratta del processo di una classe dirigente di partito a una classe dirigente di potere, né del processo di una fazione ad un’altra fazione. Si tratta del processo morale e politico che il cittadino italiano in quanto tale muove a coloro che lo hanno reso estraneo alla cosa pubblica, che è il significato vero e antico di quel privatissimo ente che oggi si chiama Repubblica”. Oggi di questa stessa Repubblica si celebra il processo ovunque. Si celebra nelle piazze e nei blog di Beppe Grillo. Si celebra nei best-seller come La Casta di stella e Rizzo. Si celebra nei talk-show di Santoro e Floris. Ma la differenza è che la critica di Almirante fu una critica che aprì le porte alla speranza, laddove gli odierni fustigatori sembrano condurci verso la tetraggine e il pessimismo, vizi tipici di chi non riesce a guardare al di là della notte della Repubblica. Almirante, che aveva lanciato in splendida solitudine l’idea della Nuova Repubblica, non era uno “sfascista” e non puntava alla disgregazione del Paese anche quando il suo attacco al sistema era più duro e feroce. Anche per questo la democrazia italiana gli deve molto.
Voglio concludere utilizzando ancora le sue parole, che per un ragazzo di ventisei anni sono cariche di significato:
“ Sono stato educato nel quadro di un sistema che ho visto crollare. Sono stato proiettato in una guerra che ho visto perdere e che ho perduto fino in fondo. Ho preso parte ad una guerra civile dalla quale sono uscito sconfitto. Eppure non vedo il buio dinanzi a me e il messaggio che vi indirizzo, giovani, è il messaggio della speranza armata di volontà”.
Scritto da: Enzo Di Natale








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