Sempre più spesso i dibattiti politici italiani vertono su questo importantissimo argomento.
Per una maggiore comprensione del delicato tema abbiamo voluto analizzarlo cercando di spiegare le molteplici sfaccettature, e le varie conseguenze sul sistema politico italiano che l’adozione di determinati sistemi elettorali comporterebbe.
Per sistema elettorale in senso lato si intende l’insieme delle regole che disciplinano tutte le operazioni che precedono, accompagnano e seguono lo svolgimento delle elezioni. Ma nel linguaggio corrente si parla più spesso di sistema elettorale in senso stretto, con riferimento alla sola FORMULA ELETTORALE, vale a dire al meccanismo matematico impiegato per trasformare i voti in seggi.
La distinzione di fondo è tra formule maggioritarie e formule proporzionali. Le prime attribuiscono i seggi ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza, mentre le seconde operano una distribuzione dei seggi proporzionale al numero dei voti conquistato dalle varie liste. Di regola quindi le formule maggioritarie vengono praticate in collegi UNINOMINALI ( che assegnano un unico seggio ), quelle proporzionali in collegi plurinominali ( che distribuiscono più seggi ).
Occorre poi considerare che esistono anche altri fattori oltre alla formula, destinati ad incidere sul rendimento di un sistema elettorale. Il primo consiste nel carattere categorico o ordinale del voto,vale a dire nella minore o maggiore libertà riconosciuta all’elettore nell’espressione del medesimo. Così l’elettore ha più libertà quando dispone di un voto di preferenza tra i candidati di una lista o addirittura anche a favore di candidati di una lista diversa da quella votata. La libertà invece è ridotta quando l’elettore può votare solo il candidato designato dal partito o la lista presentata senza poter modificare l’ordine di precedenza tra i candidati, nel qual caso si parla di lista bloccata, che costituisce l’ipotesi più frequente nei Paesi che adottano formule proporzionali.
Un secondo fattore determinante riguarda la delimitazione dei collegi elettorali. Il ritaglio dei collegi può garantire una maggiore equità nella ripartizione dei seggi ( quando viene effettuato in base a criteri oggettivi, quali l’ammontare della popolazione ) o determinare palesi iniquità ( distribuzione di seggi fra collegi nettamente sproporzionata rispetto alla popolazione dei medesimi ).
Altro fattore decisivo è l’ampiezza dei collegi, intesa come numero dei seggi attribuiti a ciascuno di questi. Infatti più i collegi sono ampi, meno selettiva è la formula elettorale, in quanto occorre una minore percentuale di voti per ottenere un seggio, e viceversa. Ciò è molto importante soprattutto per le formule proporzionali , nell’ambito delle quali si può andare da un massimo di proporzionalità, allorché l’intero territorio nazionale costituisce, ai fini della ripartizione dei seggi, un unico collegio elettorale ( ipotesi rara ) , ad una forte di sproporzionalità, quando sono previsti una pluralità di collegi piccoli o medio- piccoli che penalizzano i partiti minori ( applicata da vari Paesi inclusa la SPAGNA ).
Le principali formule maggioritarie sono due, a seconda che per essere eletti sia richiesta la maggioranza relativa ( PLURALITY SYSTEM ) o la maggioranza assoluta dei voti ( MAJORITY SYSTEM ). La prima formula è la più selettiva in quanto, attribuendo in ogni collegio uninominale il seggio al candidato più votato in un unico turno elettorale, determina la dispersione di tutti gli altri voti e può provocare una grave disparità nella rappresentanza. Essa favorisce di solito il BIPARTITISMO, ma ciò non si verifica quando vi siano importanti minoranze geograficamente concentrate e/o nessun partito sia in grado da solo di superare il 33-35% dei voti, dovendo concludere alleanze con i partiti più piccoli, i quali nell’ambito della coalizione spesso pretendono di avere i candidati nei collegi più sicuri ( come si è verificato in Italia, dove dal 1994 in poi la formula plurality system non ha ridotto in modo consistente il numero dei partiti rappresentati ).
La seconda formula prevede meccanismi che entrano in funzione qualora nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta dei voti. Il più noto di questi correttivi è quello del DOPPIO TURNO: nei collegi nei quali nessun al primo turno nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta si svolge un secondo turno elettorale , detto anche “ di ballottaggio” , in quanto a rigore dovrebbe essere limitato solo ai due candidati più votati, e viene proclamato eletto chi ottiene più voti. La formula majority produce di solito un sistema partitico BIPOLARE, basato su due coalizioni alternative, sempre che non vi siano partiti abbastanza forti che possano vincere in un alto numero di collegi senza ricorrere ad alleanze con altri partiti.
Le formule proporzionali sono numerosissime, per cui non resta che analizzare le varianti principali.Un primo metodo, caratterizzato da una forte proporzionalità, è quello del quoziente automatico, in base al quale è stabilito un numero fisso di voti per ottenere un seggio e quindi i seggi spettanti ad ogni lista risultano dalla divisione tra la sua sua cifra elettorale, pari al totale dei voti ottenuti, e il quoziente stabilito. Diverso da questo è il sistema del quoziente naturale, che si ottiene dividendo prima il numero totale dei voti per i seggi da distribuire e poi quello di ciascuna lista per il quoziente così ottenuto.
Per una maggiore comprensione del delicato tema abbiamo voluto analizzarlo cercando di spiegare le molteplici sfaccettature, e le varie conseguenze sul sistema politico italiano che l’adozione di determinati sistemi elettorali comporterebbe.
Per sistema elettorale in senso lato si intende l’insieme delle regole che disciplinano tutte le operazioni che precedono, accompagnano e seguono lo svolgimento delle elezioni. Ma nel linguaggio corrente si parla più spesso di sistema elettorale in senso stretto, con riferimento alla sola FORMULA ELETTORALE, vale a dire al meccanismo matematico impiegato per trasformare i voti in seggi.
La distinzione di fondo è tra formule maggioritarie e formule proporzionali. Le prime attribuiscono i seggi ai candidati che abbiano ottenuto la maggioranza, mentre le seconde operano una distribuzione dei seggi proporzionale al numero dei voti conquistato dalle varie liste. Di regola quindi le formule maggioritarie vengono praticate in collegi UNINOMINALI ( che assegnano un unico seggio ), quelle proporzionali in collegi plurinominali ( che distribuiscono più seggi ).
Occorre poi considerare che esistono anche altri fattori oltre alla formula, destinati ad incidere sul rendimento di un sistema elettorale. Il primo consiste nel carattere categorico o ordinale del voto,vale a dire nella minore o maggiore libertà riconosciuta all’elettore nell’espressione del medesimo. Così l’elettore ha più libertà quando dispone di un voto di preferenza tra i candidati di una lista o addirittura anche a favore di candidati di una lista diversa da quella votata. La libertà invece è ridotta quando l’elettore può votare solo il candidato designato dal partito o la lista presentata senza poter modificare l’ordine di precedenza tra i candidati, nel qual caso si parla di lista bloccata, che costituisce l’ipotesi più frequente nei Paesi che adottano formule proporzionali.
Un secondo fattore determinante riguarda la delimitazione dei collegi elettorali. Il ritaglio dei collegi può garantire una maggiore equità nella ripartizione dei seggi ( quando viene effettuato in base a criteri oggettivi, quali l’ammontare della popolazione ) o determinare palesi iniquità ( distribuzione di seggi fra collegi nettamente sproporzionata rispetto alla popolazione dei medesimi ).
Altro fattore decisivo è l’ampiezza dei collegi, intesa come numero dei seggi attribuiti a ciascuno di questi. Infatti più i collegi sono ampi, meno selettiva è la formula elettorale, in quanto occorre una minore percentuale di voti per ottenere un seggio, e viceversa. Ciò è molto importante soprattutto per le formule proporzionali , nell’ambito delle quali si può andare da un massimo di proporzionalità, allorché l’intero territorio nazionale costituisce, ai fini della ripartizione dei seggi, un unico collegio elettorale ( ipotesi rara ) , ad una forte di sproporzionalità, quando sono previsti una pluralità di collegi piccoli o medio- piccoli che penalizzano i partiti minori ( applicata da vari Paesi inclusa la SPAGNA ).
Le principali formule maggioritarie sono due, a seconda che per essere eletti sia richiesta la maggioranza relativa ( PLURALITY SYSTEM ) o la maggioranza assoluta dei voti ( MAJORITY SYSTEM ). La prima formula è la più selettiva in quanto, attribuendo in ogni collegio uninominale il seggio al candidato più votato in un unico turno elettorale, determina la dispersione di tutti gli altri voti e può provocare una grave disparità nella rappresentanza. Essa favorisce di solito il BIPARTITISMO, ma ciò non si verifica quando vi siano importanti minoranze geograficamente concentrate e/o nessun partito sia in grado da solo di superare il 33-35% dei voti, dovendo concludere alleanze con i partiti più piccoli, i quali nell’ambito della coalizione spesso pretendono di avere i candidati nei collegi più sicuri ( come si è verificato in Italia, dove dal 1994 in poi la formula plurality system non ha ridotto in modo consistente il numero dei partiti rappresentati ).
La seconda formula prevede meccanismi che entrano in funzione qualora nessun candidato raggiunga la maggioranza assoluta dei voti. Il più noto di questi correttivi è quello del DOPPIO TURNO: nei collegi nei quali nessun al primo turno nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta si svolge un secondo turno elettorale , detto anche “ di ballottaggio” , in quanto a rigore dovrebbe essere limitato solo ai due candidati più votati, e viene proclamato eletto chi ottiene più voti. La formula majority produce di solito un sistema partitico BIPOLARE, basato su due coalizioni alternative, sempre che non vi siano partiti abbastanza forti che possano vincere in un alto numero di collegi senza ricorrere ad alleanze con altri partiti.
Le formule proporzionali sono numerosissime, per cui non resta che analizzare le varianti principali.Un primo metodo, caratterizzato da una forte proporzionalità, è quello del quoziente automatico, in base al quale è stabilito un numero fisso di voti per ottenere un seggio e quindi i seggi spettanti ad ogni lista risultano dalla divisione tra la sua sua cifra elettorale, pari al totale dei voti ottenuti, e il quoziente stabilito. Diverso da questo è il sistema del quoziente naturale, che si ottiene dividendo prima il numero totale dei voti per i seggi da distribuire e poi quello di ciascuna lista per il quoziente così ottenuto.
Esempio: Totali voti: 600.
Seggi da distribuire: 20
Quoziente 600 : 20 = 30
Quoziente 600 : 20 = 30
Lista 1 totale voti: 450
Lista 1 seggi assegnati 450 : 30 = 15
Lista 2 totale voti: 150
Lista 2 seggi assegnati 150 : 30 = 5
In queste due ipotesi si produce però il fenomeno dei resti che non consente di distribuire immediatamente tutti i seggi. In generale il problema dei resti o non viene affrontato ( il che penalizza le liste più piccole che con maggiore difficoltà ottengono un quoziente intero nel singolo collegio) o viene risolto mediante un’ulteriore distribuzione a favore delle liste che hanno ottenuto più voti o di quelle con i resti più alti ( che sono di solito le più piccole ) o applicando il metodo del quoziente in un collegio nazionale nel quale confluiscono tutti i voti residui e i seggi non attribuiti.
Una diversa formula, che consente la ripartizione di tutti i seggi è il METODO D’HONDT, o della madia più alta. I voti ottenuti da ogni partito vengono divisi per 1, 2, 3 fino al numero pari a quello dei seggi assegnati al collegio, dopodiché i seggi vengono attribuiti ai quozienti più alti.
Dall’esame delle formule proporzionali vigenti si desume che queste presentano sempre un certo grado di selettività e assegnano un premio mascherato in seggi alle liste più forti, le quali hanno bisogno mediamente di meno voti per conquistare un seggio rispetto alle liste più piccole. La selettività può essere accentuata dal ricorso a correttivi che riducono la proporzionalità del sistema. I principali consistono nella clausola di sbarramento cioè nella fissazione di una percentuale di voti al di sotto della quale non si ottiene alcun seggio, oppure nell’attribuzione di un premio di maggioranza in seggi alle coalizioni che superino uno certa percentuale. Quando adotta meccanismi selettivi di questo tipo, il sistema proporzionale ha effetti riduttivi sul numero dei partiti rappresentati e favorisce la stabilità delle maggioranze e del Governo, mentre, quando è poco selettivo, di regola fotografa il sistema dei partiti e non pone argini al multipartitismo estremo.
Una diversa formula, che consente la ripartizione di tutti i seggi è il METODO D’HONDT, o della madia più alta. I voti ottenuti da ogni partito vengono divisi per 1, 2, 3 fino al numero pari a quello dei seggi assegnati al collegio, dopodiché i seggi vengono attribuiti ai quozienti più alti.
Dall’esame delle formule proporzionali vigenti si desume che queste presentano sempre un certo grado di selettività e assegnano un premio mascherato in seggi alle liste più forti, le quali hanno bisogno mediamente di meno voti per conquistare un seggio rispetto alle liste più piccole. La selettività può essere accentuata dal ricorso a correttivi che riducono la proporzionalità del sistema. I principali consistono nella clausola di sbarramento cioè nella fissazione di una percentuale di voti al di sotto della quale non si ottiene alcun seggio, oppure nell’attribuzione di un premio di maggioranza in seggi alle coalizioni che superino uno certa percentuale. Quando adotta meccanismi selettivi di questo tipo, il sistema proporzionale ha effetti riduttivi sul numero dei partiti rappresentati e favorisce la stabilità delle maggioranze e del Governo, mentre, quando è poco selettivo, di regola fotografa il sistema dei partiti e non pone argini al multipartitismo estremo.







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