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mercoledì 16 settembre 2009

PDL: COSA STA SUCCEDENDO?


Di Enzo Di Natale

Ci sembra doveroso analizzare la situazione interna al nostro partito e le fibrillazioni che negli ultimi giorni hanno visto protagonisti i due coofondatori, ma soprattutto i due mondi a loro affini.E’ evidente infatti, che gli ambienti vicini ai due Presidenti, uno del Consiglio e l’altro della Camera, hanno intrapreso a modo loro la strada dello scontro frontale, e se pur la lotta è impari il risultato non sembra affatto scontato.Da una parte Berlusconi e le sue armi prime su tutte Rete 4 e Studio Aperto, il Giornale e Panorma,dall’altra Fondazione Fare Futuro e il Secolo che a colpi di servizi e articoli hanno creato un vero e proprio fronte.Ma ciò che a noi interessa non è l guerra parallela degli apparati ma le dinamiche che il nostro caro Lider Maximo ha inevitabilmente innescato con le sue prese di posizione.
A noi, ex di Alleanza Nazionale , neo PDL e non Berlusconiani a prescindere, il confronto-scontro piace, anzi personalmente l’aspettavo con ansia.
Le mosse di Fini, i suoi interventi non sono infatti ascrivibili ad un ruolo super partes, quello di Presidente della Camera, ma piuttosto a quello di numero 2 del primo partito italiano. Si inseriscono infatti in un disegno lungimirante che la creazione del PDL non era che il primo step.
La scomparsa di A.N. e la sua fusione con Forza Italia, da molti vista come una vendita al capo per fini utilitaristici personali, si inquadra ora in un progetto di più ampio respiro e legittima quanti hanno sempre sostenuto che quella fusione era indispensabile per creare una nuova destra che per peso e significato non avrebbe avuto eguali nella storia.
Era quello di cui aveva bisogni Fini per ambire a più alti risultati, non personali ma piuttosto ideali e politici.
La sue mosse attuali ci dimostrano che, per fortuna, esiste ancora in Italia lo spazio per la politica. Nonostante i veleni, nonostante un clima che sembra degenerare di giorno in giorno, c'è ancora chi, a destra, ha il coraggio di scommettere sui contenuti, di ragionare invece di urlare. C'è ancora chi ha il coraggio di pensare alla realtà. Su immigrazione, interesse nazionale, tipo di patria, globalizzazione, catalogo dei valori e dei principi non solo nelle Fondazioni ma dentro il Pdl si può e si deve aprire una discussione, dove vince chi convince. Si può essere più o meno d'accordo sulle analisi politiche di Fini ma una cosa è certa: il tono è quello giusto per cercare di far uscire l'Italia da un sentiero impervio e scosceso che non porta in nessun posto. Che aumenta solo le probabilità di caduta.
La battaglia di Fini è dunque una battaglia diversa , per contenuti e tempi di svolgimento , da quella che gli viene quotidianamente imputata: non una guerra di logoramento e d’usura ai danni del Cavaliere, che sarebbe in effetti un suicidio politico, ma appunto una battaglia di idee , e conseguentemente anche politica , finalizzata a due obiettivi di massima: da un lato, la creazione di un blocco sociale, politico e culturale che possa stabilizzare il berlusconismo, dandogli un futuro, e rendere permanenti le trasformazioni che hanno investito il sistema politico nell’ultimo quindicennio, a partire dal bipolarismo; dall’altro, la definizione di un orizzonte ideale, di un sistema di valori, di uno stile politico, diversi da quelli che caratterizzano attualmente il centrodestra, meno orientati al populismo e alla demagogia antipolitica, maggiormente aderenti al modo d’essere e di ragionare dei partiti e delle forze che si riconoscono nella famiglia del popolarismo europeo.
Certo anche il nostro Gianfranco, nei confronti della base e della militanza, ha qualcosa da spiegare.
Perché da coofondatore e anche cooresponsabile di alcuni deficit di democrazia interna che non possono essere accettati da un partito del 30-35 %.
Lacune democratiche che in maniera diversa stanno ora affiorando e innervosendo lo stesso Fini.
Ma forse sarà stata una strategia, e lui da grande stratega, aveva forse appreso che per imporre una dialettica interna si doveva prima creare il Partito e poi si dovevano vincere le elezioni politiche del 2008, e solo allora si poteva intraprendere la sua battaglia, volta a trasformare il PDL in un partito vero. Con un leader, certo, ma anche con una base militante, con dirigenti e quadri che trovino qualcuno a Roma disposto ad ascoltarli, con una sua autonoma piattaforma culturale, con molte anime e sensibilità al suo interno, tutte legittime e rispettose le une delle altre, come si conviene ad un partito che è nato per essere inclusivo e plurale, per parlare a quanti più italiani possibile, per imporre nella società italiana una presenza non effimera. Un partito che dovrebbe essere la cinghia di trasmissione attraverso la quale stabilire un dialogo continuo e costruttivo con la società italiana nelle sue diverse articolazioni. Non solo un partito carismatico e plebiscitario inteso come semplice comitato elettorale, come forza d’urto da mobilitare solo in occasione di adunate propagandistiche e di scadenze alle urne.
Questo, per chi lo abbia ascoltato con attenzione, è stato il senso autentico dell’intervento di Fini a Gubbio. Un invito al realismo e all’intraprendenza, alla sobrietà nello stile e al coraggio delle idee, un invito a fare politica fuori da una logica di continua emergenza, un invito a cambiare marcia affinché il Pdl, che resta una grande intuizione politica, ma le intuizioni debbono prima o poi concretizzarsi, possa dispiegare al meglio tutte le sue potenzialità.
Voglio concludere con uno slogan che penso rappresenti bene le nostre aspettative:
“Con Berlusconi oggi, oltre Berlusconi domani.”
P.s.
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